Vorrei raccontare un aneddoto che risale al secolo scorso. Correva l’anno 1999. Era l’epoca pre-Facebook, un mondo nel quale i telefonini non avevano la fotocamera e di cui pertanto si è ormai persa la memoria. Il Millennium Bug incombeva sulle nostre teste, premonizioni apocalittiche di fine millennio non facevano presagire nulla di buono, pertanto decisi di iscrivermi all’Università di Bologna per studiare cinema: tanto ormai, peggio di così che poteva succedere?
Fu proprio in quel periodo che feci la mia conoscenza con l’ex carcere di San Giovanni in Monte. L’occasione fu il corso di Storia Contemporanea. Ricordo che rimasi molto colpito dal fatto che quel posto era stato una prigione. Alla fine della lezione, mi aggirai per il dipartimento alla ricerca delle tracce del carcere ancora visibili sui muri e in certi elementi architettonici. Rimasi talmente affascinato da quel luogo che finii per perdermi. A mia discolpa (chi c’è stato dentro almeno una volta lo sa) quel luogo è un autentico labirinto. Ho continuato a perdermi ogni qual volta mi recassi a San Giovanni in Monte per lezioni, lauree, eventi. Trovavo comunque incredibilmente appropriato che un luogo così ricco di storia, dapprima convento e quindi carcere, fosse sede del Dipartimento di Storia (oggi, Storia Culture Civiltà, senza virgole nel mezzo).
Passano gli anni e mi ritrovo nuovamente in quel luogo per girare “Paura non abbiamo” e ovviamente, durante le riprese ho continuato a perdermi al suo interno. Non so perché, la geografia di quel luogo non mi rimane in testa. In un certo qual modo, calcolando il numero di volte che sono rimasto intrappolato al suo interno, sono stato anch’io prigioniero a San Giovanni in Monte. Un carcere da cui è impossibile sfuggire, a quanto pare. Non fuggire, sia ben chiaro, visto che il carcere è stato chiuso negli anni Ottanta dopo l’ennesima evasione da una delle finestre che conducono agevolmente sul tetto.
Insomma, San Giovanni in Monte è piacevolmente diventato la mia Alcatraz, che tra ricerche, scrittura e montaggio mi sta continuando a tenere imprigionato al suo interno. Alla fine sono convinto ne sarà valsa la pena, ma anche se così non fosse, adesso almeno so che la risposta alla domanda “a cosa serve studiare storia contemporanea a uno studente di cinema?” è molto semplice: serve a trovare le location dove ambientare i propri film.